Il presidente Anisap Basilicata non è d'accordo con il governo regionale

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MEDICINA A KM 0

Il presidente Anisap Basilicata
non è d'accordo con il governo regionale

Il progetto sperimentale partirà a settembre in Toscana, Marche, Umbria e Puglia, ma Flovilla(Anisap Basilicata) già protesta con la Regione

Redazione Online

Medicina Km 0
Medicina Km 0

Il progetto è stato presentato dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg) al sottosegretario alla Salute De Filippo. Denominato medicina a km 0 semplicemente per comunicare l'idea che ne è alla base. Infatti tale progetto, la cui modalità sperimentale partirà a settembre in Toscana, Marche, Umbria e Puglia, sostanzialmente prevede che i principali test per la diagnosi e il monitoraggio di alcune malattie croniche, come broncopneumopatie croniche ostruttive, malattie cardiovascolari e metaboliche, terapia del dolore, si potranno fare a «km 0», ovvero nello studio del medico di famiglia. Si è stimato un possibile risparmio di circa 3 miliardi ogni anno per l'Ssn.  Una proposta targata Fimmg per la riorganizzazione e riqualificazione della sanità territoriale da trasferire nel rinnovo dell’Accordo collettivo nazionale che prevede la riorganizzazione degli studi di medicina di famiglia in Unità professionali di medicina generale. Un nuovo modulo organizzativo dotato di personale appositamente formato e di tecnologia diagnostica di primo livello, nell’ottica di una medicina di prossimità e di iniziativa, che dovrebbe aiutare il paziente, andandogli incontro prima che le patologie si aggravino o insorgano, con interventi tempestivi e adeguati.

 «L'obiettivo - ha spiegato il segretario nazionale della Fimmg, Giacomo Milillo, - è un approccio primario alla cura, non vogliamo né dobbiamo sostituirci agli specialisti» aggiunge, specificando che «i medici, aggregati in studi professionali dotati di personale appositamente formato, mediante un percorso condiviso con le società scientifiche, saranno in grado di fornire servizi avanzati sul territorio senza oneri aggiuntivi, dotandosi di strumenti diagnostici di primo livello come spirometri, elettrocardiografi, holter pressori, ecografi, nonché dotazioni telematiche. Esami a basso costo – specifica Milillo – facili da eseguire e replicare, non invasivi e capaci di indicare chi abbia bisogno di un’indagine ulteriore».

In Basilicata per il momento si registrano le proteste del presidente dell'Associazione Regionale delle Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private (Anisap Basilicata), Antonio Flovilla. 

«Da tempo – dice Flovilla – che chiediamo di poter eseguire tutti i principali test per la diagnosi e il monitoraggio delle più frequenti malattie croniche ma se l'atteggiamento della Regione persiste nello stabilire una soglia-prestazioni/anno in 200mila e nella fissazione di un tetto invalicabile come accade per i laboratori di analisi sarà impossibile svolgere il ruolo di presidio territoriale della salute che solo le nostre strutture ramificate sul territorio sono in grado di assicurare».
Flovilla ritiene che «da oltre 8 anni giace presso il Dipartimento Salute un progetto di rete laboratori integrata pubblico-privato che per la sua realizzazione richiederebbe una modifica della LR 28/2000 ed un adeguamento del Nomenclatore delle prestazioni e risponderebbe alle esigenze di efficientamento dell’offerta di laboratorio salvaguardando le singole realtà produttive ed i relativi livelli occupazionali oltre che la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni. La strada dell’integrazione tra pubblico e privato, pur in presenza di vincoli di spesa molto stringenti, come riconosce il Governo Renzi senza trovare sintonia con quello Regionale, appare – aggiunge - come una delle poche strade percorribili per rispettare il principio di garantire a tutti il diritto di cure appropriate in modo efficace, nel contempo alimentando un sistema, quello della white economy, che può rappresentare un driver per lo sviluppo e l’occupazione del sistema Paese. Si prenda ad esempio il modello emiliano: nonostante il giudizio sulla sanità pubblica in Emilia-Romagna sia positivo (per il 55% funziona bene contro il 41,7% della media italiana), il 78,2% di chi nell’ultimo anno è ricorso a cure mediche ha utilizzato la sanità privata in misura pressoché analoga a quanto succede nel resto d’Italia (77,5%). La principale ragione del ricorso al privato è individuata nelle lunghe liste d’attesa (74,4%), seguita dalla possibilità di scegliere il medico di fiducia (22,3%). È un’integrazione strisciante che va riportata nell’alveo di un’organizzazione, creando quella che noi chiamiamo white economy».
«La Giunta Pittella – afferma Flovilla a conclusione delle sue personali osservazioni – farebbe bene a studiare il modello emiliano: il welfare va inteso non solo come strumento di protezione sociale, ma anche come leva per aiutare la crescita, l’occupazione e lo sviluppo di attività legate al benessere di tutti i cittadini. La qualità nell’offerta di servizi tuttavia, per mantenersi tale, avrà bisogno della partecipazione responsabile di tutti gli attori, sia pubblici che privati, attraverso la definizione di standard di gestione e fabbisogni correlati».

Venerdì 5 giugno 2015

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