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Nell’ambito del programma «Verso Expò» della Regione Basilicata, il giorno 6 luglio si è tenuta a Milano l’iniziativa di presentazione del progetto di cooperazione interterritoriale «Verso nuove identità rurali», organizzata dal Gal Csr Marmo Melandro in collaborazione con l’Apt Basilicata e il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano. Per l’occasione è stata presentata da parte del Prof. Ettore Bove dell’Università degli Studi della Basilicata, la pubblicazione «La Lucanica di Picerno» (Editrice Ermes), alla base della richiesta di riconoscimento IGP da parte dell’Unione Europea per promuovere e valorizzare l’insaccato lucano. La Lucanica, salsiccia tipica della Basilicata, è più di un prodotto gastronomico ma il simbolo e il risultato della civiltà contadina lucana strettamente legata al culto del maiale che ha saputo conservare valori e tradizioni riconosciute fin dall’epoca dei Romani. Caratteristiche Salsiccia Lucanica: La Lucanica della Basilicata è la salsiccia (da «sale» e «ciccia», ossia carne) dolce o piccante, dalla caratteristica forma a ferro di cavallo, simile alla lettera «U» che può essere catalogata come «magra» perché la quantità di grasso difficilmente arriva al 30%. Infatti dai tagli snervati e privati dei grassi in eccesso si ricava un impasto a grana non troppo fine che dopo la salatura s’impreziosisce con semi di finocchietto e nella versione piccante con piccole scaglie o polvere di peperoncino. Questa è la tipica salsiccia che prodotta dai lucani nel rispetto di consolidate tradizioni in cui il «porco» si elevava a vero e proprio membro della famiglia. Ancora oggi in Basilicata non sono poche le aree che si caratterizzano per lo stretto legame con la produzione di insaccati e «il culto del porco» che vede nella cura e nel sacrificio dell’animale per la famiglia dei veri e propri riti che vengono preservati e raccontati dai paesi coinvolti. Per esempio, a Calvello il 1 gennaio si celebra Sant’Antonio Abate, il protettore dell’animale, a Rivello, Marsicovetere e Terranova di Pollino sono organizzati dei raduni per tramandare l’arte norcina lucana dagli anziani alle giovani generazioni, a Picerno è presente il museo polimediale virtuale permanente sul tema del maiale nell’arte, PorcArt, valorizzato al massimo durante l’estiva festa di Porklandia che da nove anni anima l’agosto picernese come appuntamento tra gastronomia e tradizione.
Cenni Storici: Una tradizione che ha trovato riconoscimenti di illustri personaggi dell’antica Roma come Varrone, Cicerone, Marziale o Apicio. In relazione alle testimonianze storiche, l’insaccato di origine lucana, il cui prezzo è stato fissato dall’imperatore Diocleziano, si ritrova per cinque secoli ad occupare un ruolo di rilievo nella prelibata cucina romana e nel Medioevo arriva a conquistare la Pianura Padana, la Francia, i Paesi Baschi e la Grecia, popolazioni che riconoscono il nome di «Lucanica» per questa tipologia di insaccato.
Teodolinda, secondo una tradizione lombarda, avrebbe inventato il metodo per preparare le salsicce, che i buoni milanesi ancor oggi chiamano lüganeghe. Si dice addirittura che ne abbia regalato la ricetta assieme alla Corona Ferrea, conservata nel duomo di Monza. I veneti affermano invece che la lucanica è nata sul loro suolo, ed altre regioni italiane ne reclamano parimenti i natali. Ma già Cicerone e Marziale ne scrivevano come di una specialità introdotta a Roma dalle schiave lucane. La lucanica è quindi lucana. Apicio nel De re coquinaria ce ne tramanda una ricetta, in auge nel I secolo d.C.Eccola nella traduzione di Felice Cunsolo. Per fare le lucaniche: si trita pepe, cumino, peverella, ruta, prezzemolo, spezierie dolci, coccole di lauro, salsa d'Apicio; si mescola il tutto con polpa sminuzzata di maiale, pestando poi di nuovo il composto insieme con salsa, pepe intero, molto grasso e finocchi. Insacca poi il tutto in un budello, allungandolo quanto è possibile. E così si sospenda al fumo. Altra cosa è invece la pezzenta, così chiamata perché preparata da povera gente, la quale utilizzava la carne di maiale più nervosa, scartata e regalata ai pezzenti dalle famiglie che potevano allevarsi un porco. Per prepararla bisogna frantumare, in punta di coltello, la carne in pezzi minuti, impastandola poi con aglio, semi di finocchio, sale e peperoncino forte
La tecnica di preparazione ha subito pochissimi cambiamenti nei secoli, in una terra come la Basilicata, l’area dell’alta montagna lucana, estremamente vocata all’allevamento del maiale e senza dubbio depositaria di un favoloso patrimonio gastronomico della salumeria meridionale. |
Tra i segreti di questa tradizione vi è senza dubbio un’antica tradizione artigianale di genuinità che si associa all’esperienza, alla passione, nonchè al risultato dei dettami che la civiltà contadina ha tramandato e che consente di ritrovare in questa salsiccia la qualità, l’aroma ed il sapore di gusti ormai rari. L’attenta selezione delle carni di suini allevati all’aria aperta, l’aggiunta di solo sale marino, peperone secco macinato di Senise (IGP), semi di finocchietto selvatico (seccato all’ombra, come vuole la tradizione, per evitare che perda il suo particolare profumo e il suo aroma), la totale assenza di conservanti e la lenta stagionatura si uniscono in un giusto equilibrio che permane nel tempo; così la pazienza, la cura, la purezza dell’aria ed il particolare microclima montano offrono un’esperienza unica di gusto. Una tecnica di preparazione consiste nel produrla dalla spalla dei migliori suini D.O.P.provenienti da allevamenti del territorio. La carne viene dapprima snervata a mano e poi macinata a grana grossa in trafile a punta di coltello da 16mm. La carne viene, poi conciata con sale e spezie. Infine, l’impasto viene insaccato in un budello naturale ed avviato alla stagionatura in ambienti a temperatura e umidità controllate Mercoledì 8 luglio 2015 © Riproduzione riservata 3491 visualizzazioni Commenti |