Redazione Online
POTENZA - I giudici del Tar di Potenza hanno accolto il ricorso dell'editore dell'Eco di Basilicata e sbloccato il pagamento di 22 mila euro per il 2013, con i quali per il momento è scongiurata l'interruzione dell'attività. per evitare «l’interruzione dell’attività», sbloccati 22mila euro per il 2013. Secondo il Tar Basilicata «le esigenze cautelari dell'amministrazione resistente sembrano essere adeguatamente tutelate dal sequestro preventivo disposto dal gip del Tribunale di Lagonegro». A novembre la Finanza aveva già sequestrato più della metà dei 280mila euro di contributi per l'editoria erogati all’Eco della Basilicata tra il 2006 e il 2010. Poi a marzo la presidenza del Consiglio aveva chiesto la restituzione, alla società editrice, di ulteriori 100mila euro, bloccando contestualmente anche il pagamento dei 22 mila euro previsti per il 2013. Tutto ciò era scaturito da un'indagine della Guardia di Finanza della compagnia di Lauria, che aveva denunciato una presunta truffa aggravata pari a 155 mila euro. Sono coinvolti il rappresentante legale della società cooperativa giornalistica, Mario Lamboglia, e la titolare e la socia (accomandataria) di una società di consulenza ed elaborazione dati con sede a Lauria, Paola Cozzi e Isa Albini. La faccenda è legata all'emissione di fatture false per presunte «vendite in blocco» del periodico, che potrebbero non essere state mai fatte. La truffa sarebbe stata attuata allo scopo di superare la percentuale del 40% di diffusione certificata (l’insieme di vendite e abbonamenti) rispetto alla tiratura (cioè alle copie stampate), che consente di accedere ai fondi previsti dalla Legge 250/1990, «nella formulazione vigente all’epoca dei fatti». Quindi il giornale avrebbe incassato contributi illegittimamente
Perchè 155 mila euro? Nel 2008 sono state dichiarate vendite per 80mila 500 copie a fronte di cessioni effettive per 50mila 320. Nel 2009, 59mila 300 copie a fronte di cessioni effettive per 36mila 300 copie. Infine nel 2010, vendite dichiarate per 73mila copie a fronte di cessioni effettive per 53mila 200 copie. Per un totale di quasi 73mila copie fittizie. In questo modo il periodico avrebbe richiesto e ottenuto contributi, che non avrebbe dovuto ricevere, per un totale di circa 155 mila euro, erogati dalla Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio.
I casi anomali: I due esempi più lampanti sarebbero quelli di un panificio ed un giostraio. Il panificio avrebbe acquistato in un anno 23 mila copie del periodico che viene pubblicato 23 volte l'anno. Il giostraio invece avrebbe speso per l'acquisto dei giornali circa settemila euro, a fronte di un volume d'affari annuo di circo 10mila euro. Ovvero sarebbero emersi casi in cui l'acquisto in blocco del giornale non collimerebbe con la reale capacità economica dell'acquirente. Inoltre altre vendite apparse fittizie sarebbero state effetuate da commercianti legati da vincoli di parentela o affinità con i titolari dello studio professionale.
Venerdì 3 luglio 2015
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